Il Neorealismo definitivo

Riduzione e integrazione da https://ilneorealismo.wordpress.com/la-letteratura-neorealista/ in collegamento con “Il Neorealismo da “corrente involontaria” a scuola poetica organica pp. 61, 62, 63 del testo di Luperini (Non è stato letto il riquadro)

La Letteratura Neorealista

Gli eventi del tormentato arco di tempo compreso fra l’inizio del secondo conflitto mondiale e il dopoguerra rafforzarono negli scrittori italiani la consapevolezza di quanto fosse importante adeguare la letteratura al mutare dei tempi, ponendo i loro strumenti al servizio della societa’ contemporanea e dei suoi urgenti problemi. Come spesso accade nell’ambito delle esperienze culturali, le correnti letterarie che presero forma in questi anni furono conseguenza di una situazione storica e sociale in trasformazione, e quindi di un progressivo modificarsi nella visione del mondo, e nacquero all’insegna della rottura con il passato e della ricerca di nuove soluzioni; tuttavia esse conservarono significativi legami con la tradizione.
Il primo importante indirizzo culturale in Italia che presenta simili caratteristiche e’ il Neorealismo, un movimento che sorge durante la Seconda Guerra Mondiale, sviluppandosi approssimativamente fra il 1943 e il 1955, e che per molti intellettuali che uscivano dal fascismo rappresento’ quasi una scelta obbligata di rigenerazione.

Esso espresse una concezione della cultura quale strumento capace di incidere sulle coscienze e di ordinare l’esperienza collettiva, intervenendo nelle sue contraddizioni di carattere politico e sociale, contrassegnata dall’assunzione di uno stile per lo piu’ realista, animato da una visione del mondo e dei fatti sociali mediata da un’ideologia di stampo populista, spesso echeggiante temi marxisti. Rispetto alla letteratura come prosa d’arte o come celebrazione retorica degli anni del fascismo, il neorealismo sollevò il dibattito sulla situazione dell’uomo e dell’intellettuale; quest’ultimo, in particolare, intese farsi portatore della riscoperta del mondo contadino e della sua cultura e, in seconda istanza, dei valori primigeni delle classi subalterne. Non a caso, il neorealismo coincise con la scoperta e la pubblicazione degli scritti di A. Gramsci, che denunciavano la mancanza di una letteratura autenticamente nazional-popolare. L’aspetto ideologico del neorealismo si concretizzo’ anche nell’assunzione della parlata popolare come arricchimento del linguaggio colto: alla fine, l’utopia del neorealismo fu la sintesi fra le due culture, quella delle classi dominanti e quella delle classi subalterne.

Sul piano della lingua c’è da dire che l’imitazione della parlata popolare riuscì meglio nel cinema perchè gli intellettuali italiani, molto frequentemente borghesi, utilizzavano spesso, più o meno consapevolmente,  le forme espressive ereditate dal Decadentismo. Il lascito,  del Decadentismo al Neorealismo (anche se i Neorealsti spesso lo negavano) si nota soprattutto  nel fatto che essi spesso si interessavano agli aspetti simbolici e psicoanalitici della realtà non solo a quelli storici, sociali ed economici (si pensi ad esempio al realismo simbolico di Vittorini e Pavese). Questo fatto è stato visto dai critici più allineati sulle posizioni del Partito Comunista come un limite, perchè i romanzi di Pirandello, Svevo, ma anche l’opera di D’Annunzio in Italia e i lavori di V.Woolf, F.Kafka, M.Proust, che hanno cambiato completamente la narrativa (flusso di coscienza, fine del narratore onnisciente, discontinuità temporale… montaggio), erano visti come il prodotto della decadenza borghese degli intellettuali.

Il Neorealismo non e’ una vera e propria scuola, ma piuttosto un orientamento generale della cultura, una atmosfera, racchiusa in un breve volgere di anni, che risponde a parametri omogenei in campo tematico e formale, e che abbraccia vari settori, raggiungendo la massima rappresentatività nel cinema; anche in letteratura, pero’, ispira testi di notevole efficacia.

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Calvino, negli anni 60, in una introduzione al suo romanzo “Il Sentiero dei nidi di Ragno”,
sostiene che il Neorealismo non fu tanto una scuola, ma un clima generale e indica in Pavese, Vittorini e Verga (realismo ottocentesco) tre punti di riferimento, facendo delle considerazioni interessanti sul bisogno di “raccontarsi” che si diffondeva in quel periodo.

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Gli scrittori Neorealisti realizzarono un coinvolgimento diretto o indiretto nella vita pubblica del Paese:…tutti piu’ o meno furono coinvolti nella teoria dell’impegno civile dell’intellettuale comunque inteso, tutti ebbero una grande apertura nei confronti delle classi sociali che per secoli erano stati escluse non solo dalla cultura, ma dalla stessa lingua nazionale.

Da questo punto di vista il Neorealismo rappresenta un momento importante della storia del nostro Paese. La percezione dell’impegno dell’arte, dell’intellettuale che doveva uscire dalla “Torre d’avorio”…. dove si era rinchiuso da secoli era una esigenza a livello europeo, di fronte ai drammatici avvenimenti di quegli anni. …Tuttavia, nell’immediato  dopoguerra si pose il problema delle caratteristiche di questo impegno civile dell’intellettuale, sfociato, ad esempio, nel  contrasto tra Vittorini e P.Togliatti:il letterato doveva accettare o rifiutare il condizionamento della politica nella sua attività artistica? Vittorini rifiutò e la rivista il Politecnico, da lui diretta, fu chiusa.

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Hanno anticipato alcuni aspetti del Neorealismo negli anni Trenta e poi lo hanno realizzato nel dopoguerra autori come Alberto Moravia, Corrado Alvaro, Ignazio Silone, Carlo Levi, Elio Vittorini, Cesare Pavese, Beppe Fenoglio, Renata Viganò, Vasco Pratolini e i memorialisti di guerra Mario Rigoni Stern e Primo Levi.
Di ciascuno di essi si può dire che è stato neorealista a modo suo, interpretando in modo personale e talvolta contraddittorio le suggestioni culturali dell’epoca: il modo con cui questi autori parlano di guerra e di popolo è molto diverso e rispecchia non solo le esigenze di impegno ma anche le crisi esistenziali degli autori e dei personaggi.
Tra questi personaggi, i più allineati con le proposte dei partiti di sinistra sono stati Renata Viganò e Vasco Pratolini; Beppe Fenoglio ha mantenuto una posizione politica del tutto diversa e gli altri hanno assunto atteggiamenti personali, per così dire, intermedi.

La parte compresa tra i gruppi di asterischi non è stata svolta nel presente anno scolastico
******Un romanzo che e’ importante citare, insieme a quello di Moravia, è “Fontamara” di I.Silone. Il testo racconta a differenza degli “Indifferenti” la storia di una comunità contadina che lentamente prende coscienza della propria situazione di miseria e sfruttamento, il romanzo oggi appare quasi come un testo di antropologia. Anche con Carlo Levi e il suo “Cristo si e’ fermato ad Eboli”, ci si trova di fronte ad una narrazione orale collettiva che affonda le proprie origini nella cultura popolare contadina.

Il primo quesito che si pone Silone è quello della lingua da far usare ai suoi “Cafoni”, il riferimento a Verga e’ evidente, ma il testo rappresenta in modo chiaro ed inequivocabile (diversamente da Verga) una critica di tipo sociale quasi una affermazione universale del diritto alla libertà e alla dignita’ umana. Tutto questo senza mai perdere il valore narrativo del racconto o cadere in un discorso propagandistico, si descrivono sentimenti coscienze situazioni in un discorso corale. Quasi una favola senza tempo che si stacca dal clima di assurdo, indifferenza, inettitudine di quegli anni. Silone era stato inizialmente comunista poi si era staccato dal partito e scrisse questo libro in esilio, il romanzo ebbe un successo internazionale e una larga diffusione semi- clandestina negli ambienti antifascisti italiani.

Il romanzo pur lontano dalla narrativa Decadente anti- naturalista del primo Novecento non era un semplice “ritorno indietro” a Verga e al Verismo, ma assumeva in quegli anni un valore letterario notevole, riferito ad un ambiente sociale che il fascismo nascondeva, una lettura di denuncia e di critica. Erano presenti in questo romanzo tutti i limiti e le grandezze del Neorealismo, il rischio del populismo, vale a dire della esaltazione mitica del “popolo”, il rischio di una narrativa ormai superata, ma anche notevoli qualità come la descrizione di una società contadina ancora dominante in Italia, una narrazione che diventava quasi simbolica nella sua oralità e che non a caso ebbe un successo europeo.

Sempre negli anni trenta viene pubblicato il romanzo di Elio Vittorini “Conversazione in Sicilia”, un testo per molti versi simile a quello di Silone, Vittorini era stato inizialmente fascista poi dopo la guerra di Spagna aveva visto il regime in tutta la sua ottusità e lentamente aveva cambiato posizione; il testo racconta la storia di un giovane che ritorna in Sicilia in preda “ai furori interiori”, vale a dire a sentimenti di indignazione per come si indirizza la sorte dell’Europa e nella sua Isola attraverso il colloquio con la madre arriva ad una presa di coscienza di quello che deve essere il suo impegno, Vittorini sara’ una figura importante sia nel Neorealismo che nella letteratura italiana sino agli anni sessanta.

Altro testo fondamentale quello di C.Pavese dal titolo “Paesi tuoi” del 1941 anche se impregnato di elementi simbolici e decadenti venne letto come uno dei primi romanzi neorealisti. Pavese e Vittorini ebbero in comune la passione per la letteratura americana allora poco conosciuta in Italia e tradussero molti autori grazie anche alla casa editrice “Einaudi”.

La lingua americana veniva vista come qualcosa di innovativo di anti- retorico e filtrava nei romanzi attraverso il dialetto dando uno stile al loro “Realismo” molto particolare specie nei dialoghi ricordiamo altri due romanzi degli anni trenta “Tre operai” di CarloBernari e “Gente di Aspromonte” di Corrado Alvaro.

Ricordiamo che su tutti questi giovani scrittori rimaneva l’ influenza di D’Annunzio, lo scrittore più importante in quegli anni. Mentre Verga e’ un riferimento dichiarato, D’Annunzio rimane una figura che condiziona questi giovani scrittori indirettamente, meno presente la letteratura di Pirandello e di Svevo. *****

Ancora tra gli scrittori bisogna ricordare V.Pratolini, forse l’autore più impegnato nella creazione di un “modello” narrativo Neorealista, il suo “Metello” suscito’ polemiche. Alcuni lo ritenevano un ottimo romanzo sulla storia di un muratore dei primi del Novecento, impegnato negli scioperi, buon padre di famiglia ma sedotto da una lussuriosa donna borghese il quale  però alla fine si pente e torna alla sua sana moralità di prima. Altri l’hanno interpretato come una sorta di  acritica esaltazione della classe operaia secondo lo schema proletariato = bene borghesia = male. Pratolini fu anche lo scrittore più impegnato nel cinema come sceneggiatore.

*****Ancor più generico e’ l’indirizzo seguito da autori che hanno lavorato soprattutto nel secondo dopoguerra, per il quale si usa la definizione convenzionale di Espressionismo. Questa formula accomuna scrittori assai diversi per indole e per scelta degli argomenti, ma le cui costanti sono il rifiuto degli schemi e dei modelli stilistici convenzionali, la tendenza a sovrapporre vari registri (ad esempio lingua colta, parlato e dialetto) e a deformare il linguaggio e lo stile, sconvolgendo le strutture narrative con soluzioni anomale rispetto alla tradizione, attraverso le quali si creano opere “irregolari”, ma proprio per questo, non di rado, dotate di particolare carica innovativa. Alla base di queste scelte sta quasi sempre una sfiducia, più o meno apertamente dichiarata, nei confronti dei mezzi espressivi tradizionali e della loro capacità di ritrarre le forme molteplici e sfuggenti in cui si presenta il reale.
Molti scrittori condividono tale orientamento, talvolta estremizzando le loro scelte fino all’esasperazione; ma l’esponente per eccellenza e’ Carlo Emilio Gadda.
Fra i poli fondamentali del Neorealismo e dell’Espressionismo si colloca una serie di esperienze le quali, piu’ o meno, sono riconducibili all’uno o all’altro indirizzo. Ne sono protagonisti numerosi scrittori che, partiti dalla crisi del Neorealismo alla fine degli anni Cinquanta, tentano di costruire un loro percorso rielaborando temi precedenti o innovandoli (e’ il caso di Giorgio Bassani, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Vitaliano Brancati, Primo Levi, Carlo Cassola), oppure avventurandosi piu’ decisamente sul terreno della sperimentazione (Elio Vittorini, Cesare Pavese, Lucio Mastronardi). Una posizione particolare occupano poi, per l’originalita’ dell’opera e il peso della personalita’, Alberto Moravia e Italo Calvino, che con Carlo Emilio Gadda sono fra i maggiori narratori italiani del secolo.*****

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